venerdì 17 febbraio 2012

La corruzione dilaga.


Corte dei Conti: "La Corruzione dilaga". L'allarme vent'anni dopo mani pulite.

Anche quest'anno, parole di monito dalla Corte dei Conti. "Illegalità, corruzione e malaffare sono fenomeni ancora notevolmente presenti nel Paese le cui dimensioni  sono di gran lunga superiori a quelle che vengono, spesso faticosamente, alla luce". Con queste parole il presidente della Corte dei Conti, Luigi Giampaolino, inaugura l'anno giudiziario della magistratura contabile.

Essere a conoscenza della "mappatura" dei fenomeni di corruzione, aggiunge, serve "per effettuare una ricognizione degli episodi più ricorrenti di gestione delle risorse pubbliche inadeguata, perché inefficace, inefficiente, diseconomica".


Giampaolino si riferisce alla corruzione: nell'attività sanitaria, nello smaltimento dei rifiuti, nel "gravemente colposo" utilizzo di strumenti derivati o prodotti finanziari simili, per arrivare alla costituzione e gestione di società a partecipazione pubblica e alla stipula di contratti pubblici di lavori, servizi e forniture. Vengono inclusi anche gli errori nella gestione del servizio di riscossione dei tributi".

La corruzione in Italia si stima valga circa 60 miliardi di euro l'anno. Nel 2011 sono state inflitte condanne solo per 75 milioni di euro. Questo è quanto ha sottolineato il procuratore generale aggiunto della Corte dei Conti, Maria Teresa Arganelli, nella sua relazione.

La Commissione europea ha stimato che la corruzione costa all'economia dell'Unione 120 miliardi di euro l'anno (l'1% del Pil Ue). Quindi l'Italia deterrebbe il 50% dell'intero giro economico della corruzione in Europa (1/27)".

Tuttavia il governo impone misure draconiane ai cittadini, e la politica corrotta che ricorre al debito pubblico come se fosse illimitatamente sostenibile si salva.

A questo proposito il ministro della Giustizia spiega che occorre condurre "una battaglia estremamente seria" contro il fenomeno della corruzione ricordando che in Parlamento si sta discutendo di prevenzione col ddl anticorruzione. "Poi si partirà - ha detto - con il grande progetto sulla corruzione sul quale ovviamente c'è bisogno di tempo perché occorre prepararlo in maniera corretta. Credo molto in questo progetto ma proprio nei progetti nei quali si crede occorre concentrare la massima attenzione".

Certo, il governo, per bastonare se stesso, sostiene che ci vuole tempo.

Per dare il buon esempio servirebbe solo un giorno, tanto basta infatti per ratificare la convenzione di Strasburgo del 1999 in materia di lotta alla corruzione", ha detto invece il leader dell'Idv Antonio Di Pietro. "Questa è già operativa negli altri Paesi dell'Unione europea, mentre in Italia, dove imperversa la corruzione, chissà perchè il Parlamento di qualsiasi colore politico si è sempre rifiutato di ratificarla", conclude.

Intanto chi paga sono sempre i soliti.


Una panoramica durante l'intevento del Presidente della Corte dei Conti Luigi Giampaolino (Ansa)



Infine, quando Giampaolino si riferisce alla corruzione nel "gravemente colposo" utilizzo di strumenti derivati o prodotti finanziari simili, non posso fare a meno di pensare ai sacrifici imposti agli italiani per ridurre lo stato del deficit del paese con il decreto cosiddetto "salva italia" di dicembre.

Mentre il tre gennaio - nel silenzio assoluto - Monti accreditava 2 miliardi e 567 milioni di euro alla Morgan Stanley.

Circa un decimo della manovra salva-italia. Il Ministero del Tesoro avrebbe così estinto una posizione in derivati. 

La corte dei conti, già si espresse nel 2008, bocciando l'intera architettura: questi swap, dissero i magistrati contabili, non riducono il costo del debito (lo impone da ultimo il comma 736 della finanziaria 2007), non sono caratterizzati dalla «massima trasparenza» (chiesta dalla finanziaria 2008, commi 381-384) e soprattutto, avendo offerto al comune risorse a breve termine che non servivano a finanziare investimenti, finiscono per violare l'articolo 119 della Costituzione.

Dopo che le inchieste, di giornalisti e magistrati, hanno investito il mondo della finanza creativa comunale, la via dell'intesa annunciata ora anche da Milano si è fatta sempre più battuta. Un accordo con le banche per uscire dai derivati e chiudere vicende finanziarie che rischiano di diventare troppo spinose. Interessa tutti: gli istituti di credito, disposti a concessioni anche importanti per evitare il rischio di trovarsi alla sbarra in contenziosi potenzialmente assai salati, e i sindaci, che possono presentarsi agli elettori da salvatori del bilancio locale minacciato da swap ora estinti.

E mentre questo putiferio finalmente mina le vicende dei derivati, il Tesoro optando per il silenzio e la segretezza assoluta ha pagato la banca emittente dei derivati americana.

Questa notizia è stata rilasciata - alla stampa americana - dai vertici stessi della banca newyorkese che hanno dichiarato  'trionfalmente' il recupero della somma. Con una riduzione dell'esposizione nei confronti dell'Italia scesa da 6,268 a 2,887 miliardi di dollari, una differenza di 3,381 miliardi corrispondenti a 2,567 miliardi di euro.

Così hanno estinto un operazione di derivati finanziari, anche se non è chiara la ragione per cui la Morgan Stanley abbia richiesto la “chiusura della posizione”, opzione prevista dopo un certo numero di anni da quasi tutti i contratti sui derivati ma raramente applicata. Giusto in tempo, prima del temibile 'effetto contenzioso' che sta dilagando in Italia. O forse prima di un catastrofico default come insinuano i downgrading delle agenzie di rating come Standard and Poor’s pochi giorni prima, ha dato il suo contributo.

Sarà forse compiaciuto il vicepresidente di Morgan Stanley o sedicente ex e cioè Giovanni Monti, figlio del nostro Presidente del Consiglio. Chissà!

Il governo italiano comunque - per questa operazione - non ha fornito alcuna spiegazione e i media non indagano né chiedono alcunché, né sulla gestione delle operazioni in derivati da parte del Tesoro, né sul motivo per il quale tra tanti creditori si sia scelto di onorare il debito proprio con la Morgan Stanley, rispetto a delle priorità che per il paese certamente sono più impellenti. Ma finché nessuna delle due parti - direttamente sollecitate sulla questione - fornirà spiegazioni, si potrà rimanere solo nell’ambito delle ipotesi.

Ciò sicuramente aggrava la reputazione di un governo spesso accreditato come salva-banche.

Viva la sobria trasparenza e l'equo debito... occultato.









Germania, si dimette il presidente   Video   Merkel: "Non può più servire il popolo"
Nella vicina Germania intanto, chi impartisce lezioni moralistiche, incassa un colpo.

Il presidente tedesco Christian Wulff, che incarnava il volto giovane e pulito del paese è stato travolto da uno scandalo, a causa di un prestito privato e di alcune vacanze pagate da imprenditori amici. Incalzato dalle inchieste della stampa tedesca - che Wulff ha tentato invano di mettere a tacere - il presidente sfiduciato infine si dimette.

Angela Merkel annulla visita a Roma. 

giovedì 16 febbraio 2012

Default Grecia Vs CDS. L'Effetto Domino.

Dietro i nuovi impegni in arrivo per soddisfare i parametri dell'Eurogruppo si aggira lo spettro di un default ordinato che ormai sembra l'esito più probabile.

Tuttavia la Grecia è già in default - cioè inadempiente - dal 27 ottobre 2011 data in cui si giunse all’accordo tra i leader di 17 Paesi dell’Eurozona, la Grecia e l’IIF (l'associazione delle maggiori banche del mondo) che portò al taglio di circa il 50% del valore nominale sui titoli greci. Quindi si effettuò una “ristrutturazione negoziata del debito” con la quale si convinsero gli obbligazionisti privati (banche e assicurazioni) - escludendo gli istituzionali - ad accollarsi il 50% di perdite sul valore facciale del debito greco.

La questione è però controversa. Chi si è assicurato dal rischio d'insolvenza di Atene (con i credit default swap sulla Grecia) ora non può riscuotere il rimborso e di fatto si trova in mano carta straccia. E un po' di amaro in bocca perché, con un haircut del 50% è difficile sostenere che la Grecia non sia in default.

Intanto cala il gelo per i 3,7 miliardi di dollari in Cds emessi a difesa degli obbligazionisti greci.

Ma la Isda, l'autorità che decide sui derivati (formata dalle stesse società che emettono derivati) ha stabilito che, di fatto non c'è default. E questo perché l'accordo raggiunto tra banche e Ue per il taglio, avrebbe natura formalmente "volontaria". Questo escamotage escogitato ad hoc, eviterebbe il "credit event" necessario per far scattare il rimborso ai possessori di derivati.

In altre parole la Isda dice: se il default della Grecia è “volontario” gli emittenti di Cds non dovranno rimborsare gli investitori: “in base a quanto sappiamo sembra che in via preliminarare il progetto di ritrutturazione dei titoli greci sia volontario e non vincolante per tutti gli azionisti” riporta la Isda sul proprio sito “per questo motivo non sembra possibile che la ristrutturazione proposta possa far scattare i pagamenti dei Cds sottostanti”.

Per fare un po’ di chiarezza è utile ricordare che il debito pubblico greco ammonta a 350 miliardi di euro mentre il valore dei contratti Cds emessi a garanzia sul medesimo debito ammonta a “soli” 3,7 miliardi di dollari. Ora la questione è capire come la Isda si comporterà nei confronti di chi ha sottoscritto questi strumenti che (ricordiamo ancora una volta) nient’altro sono che delle “assicurazioni” contro il default di una determinata somma assicurata relativa ad un pezzo di debito governativo o corporate.

La Isda aggiunge però che qualsiasi decisione finale verrà presa solo quando la UE metterà nero su bianco l’entità e le modalità dell’haircut per tutti gli obbligazionisti greci. La notizia ha del sensazionale se si pensa che nel mondo esistono qualcosa come 600.000 miliardi di Cds emessi per assicurare i debiti di questo o quel paese o dei debiti emessi dalle singole aziende.

Un mercato immenso che in questi anni ha fatto la fortuna delle banche emittenti che ovviamente intascano i ricchi premi annui per assicurare i debiti sottoscritti dagli investitori. Non solo, i Cds sono divenuti un vero e proprio termometro di tutte le fasi della crisi dando il polso della “rischiosità” di un debito attraverso l’aumento o la diminuzione del premio da pagare anno per anno.

Ma ora che l’evento default sta per verificarsi e le banche emittenti dovrebbero rimborsare i propri clienti, le controparti di questi strumenti (chi li impacchetta e vende sul mercato) sembrano non essere più disposte a pagare, adducendo cavilli legali per sviare dall’incombenza. Se così fosse, un’ondata di proteste monterebbe tra gli adetti ai lavori che vedrebbero così cadere l’unica forma di assicurazione contro eventi di questo tipo e soprattutto perdere ogni fiducia negli strumenti derivati di ultima generazione. Su queste considerazioni, la ISDA e le grandi banche coinvolte in queste business (JP Morgan prima tra tutte), stanno riflettendo seriamente se lasciarsi sfuggire un mercato lucroso come quello dei CDS o pagare un’inezia come 3,7 miliardi di dollari...            

Insomma, si cerca un modo per scongiurare non solo il pagamento dei Cds greci ma soprattutto l'effetto domino che la Grecia innescherebbe a livello internazionale, minando il sistema fiduciario su cui si basa il mercato dei credit default swap che oggi rappresenta 600.000 miliardi di dollari, cioè 10 volte il pil mondiale.

La parola d'ordine è quindi: evitare il default!

«I governi - spiega Francesco Paglianisi gestore di Banca Zarattini - non vogliono che si ripeta lo stesso effetto domino creato col crack di Lehman Brothers nel caso della Grecia. Evidentemente hanno esercitato fortissime pressioni sull'Isda per non rispettare i contratti. E questa si è inventata il cavillo della volontarietà. Vogliono salvaguardare la tenuta del sistema, ma non hanno tenuto conto degli effetti collaterali: ora i fondi si trovano senza alcun strumento di copertura sui debiti dei periferici e quindi vendono».

Inoltre le agenzie di rating - che in materia non hanno voce in capitolo - sostengono che la provata inefficacia dei Cds su Atene mette in discussione anche la protezione anche su altri debiti sovrani. C'è insomma un problema di credibilità per il mercato dei credit default swap.


Sono tutti questi meccanismi a suscitare le vere preoccupazioni.

Ciò dovrebbe farci capire quanto la governance europea sia - lontana anni luce dai problemi reali dei cittadini greci - presa dalle schiaccianti problematiche dei mercati finanziari.

Intanto, i rubinetti, per l'erogazione del credito, rimarranno chiusi fin quando la Grecia non garantirà alla cosiddetta 'troika' (composta da Bce, Ue e Fmi) che i durissimi impegni con loro presi (inclusa la trattativa per la ristrutturazione negoziata del debito) dall'attuale governo di Papademos, saranno mantenuti anche dal prossimo governo che s'insedierà con le elezioni di aprile. Un diktat piuttosto antidemocratico, visto che i nuovi rappresentanti eletti dal popolo, dovrebbero rimanere fedeli al mandato elettorale.

Il presidente dell'Eurogruppo Juncker ha dunque spiegato che manca ancora un accordo su  «specifici meccanismi per rafforzare la sorveglianza del programma di risanamento e assicurare che il servizio del debito sia prioritario».

Senza l'approvazione dei provvedimenti, la troika non potrà avviare il nuovo piano di aiuti da 130 miliardi di euro, senza il quale Atene andrà in default sui 14,4 miliardi di obbligazioni in scadenza il 20 marzo.

Lucas Papademus, in un messaggio televisivo, ha prospettato ai greci il solito spauracchio dello scenario apocalittico nel caso di un mancato accordo con la troika.

Il piano approvato dal Parlamento aggiunge nuovi durissimi sacrifici che peseranno soprattutto sulle spalle delle fasce meno abbienti: migliaia di nuovi licenziamenti nel settore pubblico, nuovi tagli alle pensioni ed alla sanità, una clamorosa deregolamentazione del lavoro ed una riduzione addirittura del 22% del salario minimo garantito che per i giovani arriva addirittura al 32%. Il piano prevede anche la privatizzazione di molte imprese e strutture statali, in particolare nei settori dell'acqua, dell'energia e delle lotterie.

Mentre si contano i feriti (almeno 60) per gli scontri dovuti alle proteste manifestate contro il parlamento ad Atene nella sola giornata di domenica, in molti si domandano come queste misure possano davvero consentire alla Grecia di ridurre il proprio debito e uscire dalla crisi economica rilanciando il paese. Dal 2009 ad oggi, le misure di austerità che si sono susseguite nel tempo, non hanno migliorato i conti pubblici greci: il debito è infatti salito passando dal 127% del PIL, all'attuale 159%.

Intanto si allarga la consapevolezza che il nuovo credito erogato alla Grecia serva (paradosso) solo ad aggravare il suo debito. Esso viene impiegato per garantire - alle istituzioni bancarie creditrici - le scadenze più immediate dei pagamenti dei titoli greci, dilanzionando un debito sempre più grosso.

Quindi la sfida è: salvare la Grecia per salvare l'Europa, inclusa la Germania, e forse anche gli Stati Uniti. Infatti, quello che viene tutelato - con i diktat della troika - è il sistema finanziario, mentre i cittadini greci sono condannati a vivere di stenti, per il bene dell'Europa... finanziaria.

Due sono le considerazioni che saltano agli occhi:
  1. ma i governi non dovrebbero prioritariamente aiutare i loro cittadini a vivere meglio?
  2. se le misure adottate sono già insostenibili e causa aggravante della crisi stessa, allora - indipendentemente dalla sua liceità - il debito può non essere pagato: esiste un diritto al default che consenta al paese di ripartire impedendo il compimento di un massacro sociale?

Una piccola annotazione va riportata: sottolineando poi tutta l'ipocrisia di questo sistema del credito che lucra sulla pelle di intere nazioni, affossandole, e tutto ciò, senza bisogno di dichiarare guerra, anzi, sostenendo che i provvedimenti presi, sono per il bene dei cittadini.

Gli stessi paesi che hanno fortemente rimproverato alla Grecia i suoi conti - (sempre Germania e Francia) additando l'elevato debito nazionale - sono quelli che li hanno aggravati. Mentre da un lato hanno imposto alla Grecia tagli drastici su pensioni e spese sociali, dall'altro - con il ricatto degli aiuti europei - hanno incassato i soldi per la vendita di armamenti militari, che certamente non rappresentano una priorità per la Grecia.

L'economista Yanis Varoufakis ha fatto un parallelo tra le riparazioni imposte alla Germania nel 1919 e le misure chieste alla Grecia dal 2010 ad oggi.

venerdì 10 febbraio 2012

Mario Monti: Ambasciatore dell'Euro, non porta pena.





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Yes, he can.
Italians do it better!



Chi ha favorito la sua ascesa? 
Chi oggi lo acclama oltre oceano? 

Il portatore delle istanze del Mercato.

giovedì 9 febbraio 2012

Il Fallimento della Banca Centrale Europea

L’obiettivo principale della BCE e del SEBC non è quello consueto di una banca centrale che finanzia uno stato a condizioni agevolate. Questo gigante - che detiene il monopolio di tutta la moneta di eurolandia - ha invece come scopo dichiarato, quello di garantire il mantenimento della stabilità dei prezzi.

Con questo mandato, hanno acquisito la sovranità monetaria di tutti i paesi dell'euro-zona.

Credete che abbiano assolto il loro compito?


MES + Fiscal Compact

E' evidente che i nostri politici agiscono subordinatamente ad organizzazioni sovra-nazionali. Questo è ovvio e sotto gli occhi di tutti, questo è dichiarato.

Ci viene ripetuto come un mantra che l'unione europea è l'unica via percorribile e che senza questa inglobazione, saremmo preda di fenomeni apocalittici. La politica agisce affinché questa strada venga percorsa senza interpellare i cittadini. Le uniche volte che ciò è accaduto, la volontà espressa - col referendum - è stata: no all'Europa (in Francia, Paesi Bassi, Irlanda e Norvegia).

Oggi siamo subordinati ad organizzazioni sovranazionali - non elette direttamente dal popolo - che decidono per noi cosa sia meglio. Stiamo cedendo pezzi della nostra sovranità nazionale. Questa crisi - da alcuni nostri governanti giudicata "provvidenziale" per la realizzazione di questi obiettivi - ci sta mettendo in grande difficoltà col ricatto del deficit. Dobbiamo fare così altrimenti rischiamo il default... ma così come?

Per uscire da questa crisi economica dell'eurozona - aggravata dall'impossibilità di condurre politiche monetarie mirate - le strade imposte dalla UE sono essenzialmente due:

1. Il fiscal compact che ci impone la riduzione del nostro debito (entro certi parametri del Pil) e l'eventuale rientro di questa eccedenza sul Pil (entro certi parametri). 

Pena: sanzione pecuniaria (altro debito da contrarre). 

Succo?

Sulla carta, non dovremmo contrarre altro debito. Ma questo diktat impoverirà il paese portandolo sul lastrico e lasciando che esso diventi una preda facile: costringendolo a svendersi al miglior offerente. Lo scenario è la privatizzazione del patrimonio nazionale e dei servizi strategici di questo paese: energia, acqua, trasporti, carceri, pensioni, etc.

E le risposte referendarie di appena un anno fa - dove pesano i no ad una gestione dei servizi pubblici locali da parte dei privati- secondo voi, conteranno qualcosa?

2. L'Esm (fondo salva-stati) - anche denominato Mes - ci impone il versamento di una cifra iniziale che - per l'Italia - dovrebbe essere di 150 miliardi di euro. E obbliga tutti i paesi sottoscrittori del patto a versare entro 7 giorni le cifre da loro decise in piena autonomia.

Pena: sanzione pecuniaria (altro debito da contrarre). 

Quindi: loro decidono in piena autonomia quanto dobbiamo versare e lo fanno imponendoci una scadenza di 7 giorni.

Domanda: Dove prendiamo questi soldi? Facciamo altro debito e paghiamo altre penali?

Signore e signori, la democrazia qui viene aggredita e stesa a terra sotto i piedi di qualcuno.

Ma secondo voi, tutto questo, serve ai cittadini? Questa è la politica di chi prende decisioni sulla pelle degli altri...


Monti sostiene che non dobbiamo sorprenderci se "l'Europa ha bisogno gravi crisi per fare passi avanti". Certo, perché i cittadini e i governi, mal digeriscono questo disegno unitario, in parole povere, non lo vogliono! Le crisi - ci spiega - servono per convincere le nazioni sovrane a cedere la loro sovranità. Quando il costo politico e psicologico della sovranità, appare superiore al costo da sostenere nel perderla.

Quindi - Signor Monti - meglio perderla questa sovranità. Altrimenti, l'attuale crisi - che cade come formaggio sui maccheroni - non rischia di finire. Sarebbe sconveniente per il disegno unitario. Solo dopo sarà meglio riaccendere il motore economico. Fino ad all'ora meglio rimanere nella fase annuncio di misure per la crescita. Certo annunciale, ma non attuarle. Qualche malpensante potrebbe insinuare l'insinuabile.

Quando poi la crisi sparisce - prosegue Monti - rimane un sedimento che non è pienamente reversibile.

O viceversa, irreversibile! Signor Monti, lei sottintende la disdicevole possibilità che un popolo si ribelli? Evenienza tanto scongiurata dal nostro pacato Presidente della Repubblica Napolitano che - come lei - sostiene pienamente questo disegno.

Signor Monti, il suo pensiero poi, sull'Instant Polling in politica (che consente di esprimere un referendum istantaneo al quale fare riferimento), appare chiaro quando s'interroga in tal proposito:

Cos'è?: "il colmo della democrazia?" o "il colmo, non della leadership, ma della followership?". Concludendo poi con un lapidario "Non lo so".

Quello che noi sappiamo, Signor Monti, è il colmo dei colmi:

I governi faranno esercizio della followership, ma non seguendo le volontà espresse dall'elettorato nazionale, bensì quella espressa dalla leadership delle "autorità di enforcement" che state creando. Autorità "che si facciano rispettare, che siano indipendenti e che abbiano risorse e mezzi adeguati".

Sì, ma a quale scopo Signor Monti?

Monti: "Oggi abbiamo in Europa, troppi governi che si dicono liberali e che come prima cosa hanno cercato di attenuare la portata, la capacità d'azione, le risorse, l'indipendenza delle autorità che si sposano necessariamente al mercato in un economia liberale".

Necessariamente? Lei, Signor Monti, ritiene quindi che la leadership debba essere dettata da chi primeggia competendo sul mercato dell'economia liberale e non dunque da chi viene democraticamente eletto dai cittadini?

E' evidente dunque che lei non mira al consenso del popolo, lei semplicemente lo sottomette. Siamo noi i follower di ultima istanza di cui all'art.1:"la sovranità appartiene al popolo nelle forme e nei limiti della Costituzione". Confido voi provvediate - quanto prima - a correggere questa stortura della Carta fondante della nostra Repubblica, sancita in tempi oramai superati.

Buon lavoro Signor Monti & C.!

Schiavi moderni. Il business dei Debiti Sovrani.

Quale sarebbe la rata di un debito da 2.000 miliardi in 20 anni al tasso del 5%? Circa 180 miliardi all'anno?

Rimborsare il debito pubblico - senza una politica monetaria mirata - è un esercizio insostenibile! Il debito sovrano dell'eurozona sarà difficilmente ridotto. Ed i paesi più deboli pagheranno il conto più salato. Per quadrare i conti arrancheranno, lungo la via dell'austerità. E questo accadrà senza che il debito venga scalfito. Tutto questo accadrà per far fronte ai soli mostruosi interessi, mentre il debito rimarrà lì, per intero, monolitico: continuando a pesare sulle teste delle generazioni future di cittadini. Rendendoli schiavi sin dalla nascita. Costretti a ripagare un debito "sconosciuto", col loro lavoro. ( La matematica del ripudio del debito).

Sarebbe interessante approfondire come sia stato contratto il debito, con quali meccanismi e con quali finalità, per quali destinatari. E interrogarsi su quanto - di questo debito-  rappresenti un reale beneficio collettivo e quanto invece no.

Questo approfondimento si rivela di una certa utilità: dal momento che il debito può essere ripudiato. Un'opzione alla quale l'Islanda ha fatto ricorso con successo. L'Islanda - una nazione il cui governo aveva sostanzialmente nazionalizzato le perdite delle banche che avevano speculato privatamente traendone grande profitto - ha risposto: NO al DEBITO!
E per via referendaria al 93%: ha ripudiato il debito, ha citato in giudizio i responsabili di questa operazione tra banchieri e politici e ha riscritto la sua Carta Costituzionale.

Mentre noi continuiamo a perdere pezzi di sovranità lungo il cammino, esigere la riappropriazione della sovranità monetaria nazionale è una soluzione che appare sempre più evidente.

Per sottrarci alla speculazione dei mercati finanziari che - attraverso il debito sovrano - speculano sulle vite delle persone senza creare nessuna ricchezza reale. Questo basterebbe per far risuonare un campanello d'allarme sulla priorità di cambiare questo mortale meccanismo. Invece i nostri uomini di governo ce lo impongono come unica alternativa. Essi lo nutrono, tenendolo in vita.

Questo consente la speculazione finanziaria su intere nazioni. Essa genera flussi di denaro virtuale che erodono il nostro potere d'acquisto. Senza che questi flussi di nuovo denaro entrino in circolo per sostenere l'economia reale. La ricerca del profitto può inginocchiare un' intera nazione: occupazione in calo, imprese che falliscono, pressione fiscale che aumenta, servizi ai cittadini che si riducono, pensioni che evaporano, la recessione che incalza. Uno scenario piuttosto noto oggi.

L'atto ultimo dovuto come tributo ad un mercato sempre più avido: la svendita del patrimonio nazionale: gli asset del paese che tanto fanno gola a chi non vede l'ora di avventarcisi a prezzi stracciati. E noi saremo veramente più poveri e pezzenti che mai. Sempre più dipendenti dai privati, oramai padroni dei servizi strategici primari del paese.

Cambiare sistema non solo è una necessità economica e sociale ma rappresenta anche una questione di DEMOCRAZIA, di libertà, di logica e amor... di patria.


Dublino 19/10/2010 - 
Conferenza Stampa con Klaus Masuch BCE 





ESM, un Fondo "Sovrano"

CRONACA DI UNA "FARSA" ANNUNCIATA: LA GUERRA DEI DEBITI SOVRANI.

Dopo il downgrade di mezza Europa, ecco che arriva (sorpresa) la sfiducia di Standard & Poor's che recentemente ha abbassato il rating a lungo termine dello European Financial Stability Facility (Efsf) ad "AA+" da "AAA" e ha confermato il rating a breve ad "A-1+".

Con un attacco coordinato e una potenza di fuoco mai vista Olli Rehn, Mario Draghi, Martin Schulz hanno sparato a zero contro l’operato di Standard&Poor’s, Fitche, Moody’s, che decidono della vita e della morte di corporations e di nazioni. (loro...)

Intanto il presidente dell’Eurogruppo Jean-Claude Juncker mostra i muscoli e rilancia precisando che il declassamento di Esfs non riduce la capacità di prestito di 440 miliardi di euro del fondo che ha mezzi sufficienti per rispettare i suoi impegni.

Ecco che i tempi sono maturi. Infatti arriva a furor di Drago la risposta a questo attacco con una potenza di fuoco inaudita.

Infatti Mario Draghi - nella sua veste di capo della European systemic risk board (Esrb) - precisa che occorre avere ulteriori contributi da parte dei paesi tripla A. L'alternativa è avere una capacità di prestito minore, con maggiori prezzi, proprio in virtù del taglio di rating attuato da S&P sul Efsf ad AA+.

Questa volta facciamo sul serio!

Giovedì scorso il presidente Ue, Herman Van Rompuy, ha ufficializzato la firma dell'Esm - European Stability Mechanism - con la sottoscrizione di tutti e 27 i paesi membri.

Ecco quindi che spedito, si va concretizzando un Trattato europeo su un fondo permanente dai superpoteri assoluti... chiamato Mes Meccanismo Europeo di Stabilità (l'acronimo inglese è Esm) è più noto al pubblico come Fondo Salva-Stati. Sarà lui che dal prossimo luglio sostituirà - con modalità che ancora devono essere chiarite - il meno efficiente Efsf.
Lo hanno creato più flessibile e meno soggetto al rating delle agenzie perché non garantito dagli Stati ma dai loro versamenti compiuti. Il fondo può essere utilizzato solo in caso di crisi di liquidità, non in caso di insolvenza. Per ottenere gli aiuti, gli Stati dovranno farne pubblica richiesta. Ammettendo davanti al mondo di essere in crisi. (Che bella garanzia!).

Il capitale sottoscritto sarà pari a 700 miliardi di euro. La sua potenza di fuoco, iniziale, è di 500 miliardi ma una decisione definitiva sulla sua entità (forse aumentata a 750 miliardi) sarà presa nel prossimo Consiglio Europeo di marzo.

Il fondo sarà un'istituzione finanziaria internazionale con base in Lussemburgo. Lo stock di capitale autorizzato di 700 miliardi è suddiviso in 7 milioni di quote da 100.000 euro. Il valore iniziale delle quote versate ammonta a 80 miliardi. Il consiglio dei governatori può chiedere in qualsiasi momento, l'ulteriore versamento del capitale autorizzato non versato (pari a 620 miliardi).

L'Italia (terza nazione per quota contributiva pari al 17,9%) dovrebbe partecipare con una quota iniziale pari a circa 126 miliardi dilazionati in cinque rate annuali. Ma questo è solo l'inizio...


Il trattato infatti lascerebbe - carta bianca -  sulle future cifre da stanziare per il fondo. Le quali dovrebbero essere accreditate entro 7 giorni presso l'Esm. Il tutto avverrebbe senza nessuna responsabilità legale da parte del Esm e dei suoi rappresentanti, che godranno di piena immunità.
Tutto ciò senza l'applicazione di alcun principio di reciprocità, considerando che i Paesi invece, sarebbero legalmente vincolati al rispetto del Trattato con l'applicazione di dure sanzioni in caso d'inadempimenti.


Ecco altri pezzi di sovranità nazionale che migrano a favore di una società lussemburghese.

Insomma al fuoco si risponde col fuoco e così la palla viene colta al balzo per ingaggiare una guerra che alla fine mieterà delle vittime... e tutti noi possimo facilmente immaginare chi saranno quelle vittime sacrificali per il bene supremo dei Mercati Finanziari.

Il paradosso più amaro è la ricetta che ci propinano: salvare i mercati finanziari per preservare la loro fiducia affinché loro speculino su di noi. Ma se questa speculazione ci sta uccidendo perché continuiamo ad alimentarla?

To be continued.

Il Fiscal Compact. Il nuovo Patto che avanza!


L'Unione europea s'incammina sulla strada dell'austerità e raggiunge un accordo sul nuovo Patto di bilancio, che impone regole di rigore comuni sui conti e sulla crescita.

In 25 stati membri firmano (Gran Bretagna e la Repubblica Ceca non sottoscrivono). La dichiarazione conclusiva sulla crescita e l'occupazione invece è stata approvata da tutti (eccezion fatta per la Svezia).

Con il 'fiscal compact', il pareggio di bilancio diventa una ''regola d'oro''. Sottoscrivendo il nuovo Patto, i 25 paesi hanno accettato di inserire l'obbligo dell'equilibrio dei conti nelle Costituzioni nazionali o in leggi equivalenti e si sono impegnati a fare scattare sanzioni semi-automatiche in caso di violazione. Infatti quanto deciso a Bruxelles il 30 gennaio scorso è solo l´inizio del percorso: le misure stabilite dall´Ue dovranno infatti essere ratificate da ogni singola nazione prima di diventare effettive.


Il deficit non deve superare lo 0,5% del Pil in ogni ciclo economico. Quando questo parametro eccede il 3% del Pil scattano le sanzioni e l´obbligo di un piano di rientro del debito, che consenta di ridurre il deficit di 1/20 annuo, quando questo vada oltre il 60% del prodotto interno lordo, parametro fissato da Maastricht. 

Speciali deroghe per "fattori rilevanti" permettono di escludere dal conteggio del debito alcuni parametri in condizioni particolari. Quest´ultimo aspetto permette all´Italia di poter escludere dal deficit, l´attuale debito pubblico, evitando le sanzioni previste.

Herman Achille Van Rompuy
Presidente del Consiglio Europeo
Si parla anche di maggiori controlli sui governi nazionali ex-ante, facendo leva su un sistema sanzionatorio semi-automatico ex-post.

Tradotto in parole povere: questo nuovo patto sottoscrive un ulteriore perdita di sovranità degli Stati. Non saremo più liberi in materia fiscale. Significa che le future politiche strategiche del paese, saranno subordinate all'approvazione in sede europea, da parte di persone non elette dai cittadini italiani e che non necessariamente conoscono e condividono le necessità espresse dai cittadini italiani.

Euro: Effetti Collaterali

DEINDUSTRIALIZZAZIONE - DISOCCUPAZIONE - EROSIONE DEL RISPARMIO PRIVATO - SVENDITA DEGLI ASSET STATALI

Gli effetti collaterali di una Unione voluta a scapito dei cittadini - che quando interpellati hanno sempre risposto NO - stanno diventando un prezzo troppo caro da pagare. E la risposata imposta per restare nell’euro è devastante e senza prospettive: l'Austerity.

Le imprese italiane chiudono i battenti a migliaia.

L'economia va incontro a una contrazione del Pil dell'1% nel 2012; dopo essere cresciuta solo dello 0,6% nel 2011.

Il tasso di disoccupazione tocca percentuali record, salendo fino all'8,9%.

L'aumento dei prezzi al consumo - che continuano vertiginosamente a salire - (a gennaio per l'Istat registra un +3,2% rispetto al mese precedente) rende ancor più difficile sostenere il costo della vita.
(Con il nuovo decreto "salva-italia" subirà un ulteriore rincaro a causa dell'aumento delle accise sui carburanti che incideranno sui costi dei trasporti facendo lievitare i prezzi al consumo; e dall'aumento delle aliquote intermedia e ordinaria sull'IVA che - da ottobre prossimo - passeranno dal 10% al 12% e dal 21% al 23%. E anche questo, farà aumentare sensibilmente i prezzi sul mercato).

I redditi delle famiglie - a causa del pacchetto di austerità "salva-Italia" - verranno ulteriormente ridotti attraverso l'eliminazione di alcune indennità e l'aumento dell'imposizione fiscale - il risparmio delle famiglie verrà ulteriormente intaccato e i debitori avranno sempre più difficoltà a ripagare i propri debiti.

La domanda è scontata: "Come faranno gli italiani a sostenere la tanto agognata crescita economica?".

Cosa ci vogliono costringere a fare? Svendere (e nel peggior momento) il nostro patrimonio nazionale, impoverendoci definitivamente e strutturalmente. Non sarà mica questo, l'obiettivo finale! L'atto ultimo col quale far capitolare una intera nazione. In nome di cosa e per chi?

E con queste credenziali, ci proponiamo di competere sul mercato globale? Mendicando l'elemosina?

Sarebbe forse molto meglio procedere verso l'uscita dall'euro. E sarebbe auspicabile  farlo con una struttura produttiva, un risparmio privato e un patrimonio pubblico ancora integri.

domenica 5 febbraio 2012

Il Decreto Salva Italia=Banche

RICAPITALIZZAZIONI AD OPERA DELLO STATO 

Ai sensi della Comunicazione della Commissione europea C(2011)8744 concernente l’applicazione delle norme in materia di aiuti di Stato alle misure di sostegno alle banche nel contesto della crisi finanziaria, il Ministro dell’economia e delle finanze, fino al 30 giugno 2012, è autorizzato a concedere la garanzia dello Stato sulle passività delle banche italiane, con scadenza da tre mesi fino a cinque anni o, a partire dal 1 gennaio 2012, a sette anni per le obbligazioni bancarie garantite di cui all’art. 7-bis della legge 30 aprile 1999, n. 130, e di emissione successiva alla data di entrata in vigore del presente decreto. Con decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, si procede all’eventuale proroga del predetto termine in conformità alla normativa europea in materia.

Decreto Legge 6 dicembre 2011, n. 201

Ecco Il nuovo Decreto noto come "Decreto Salva-Italia" da alcuni "ironicamente" definito Salva-Banche.
Concede la Garanzia dello Stato sulle passività delle banche che fanno domanda.

In caso di insolvenza si attingerà ai fondi pubblici di garanzia appositamente potenziati di circa 20 miliardi di euro (lo stesso valore dell’intera manovra) dal governo Monti.



Ecco il modulo:   Dal Ministero del Tesoro

E mi raccomando,
indicate l’importo complessivo 
della garanzia statale oggetto dell’istanza. 
Più semplice di così?

Come? 
Non siete banchieri 
ma cittadini. 
Peccato! 
A voi rimane il modulo per i versamenti: 
da ritirare direttamente in...  Banca.


Ma questa garanzia dello "Stato", come verrà mai considerata tra le voci del Bilancio Paese?
Debito chiama Debito...


Non si possono negare gli altri meriti del governo nei confronti del sistema bancario, fra i quali ricordiamo:

  • l'abbassamento della soglia dei pagamenti in contanti sotto i mille euro - dicono - per la tracciabilità. Di fatto, questo permetterà alle banche di rivestire un ruolo centrale nel sistema dei pagamenti: alleggerendole dall'esigenza e dai costi derivati dall'approvvigionamento di banconote e beneficiando dei profitti  ricavati dall'aumento dell'uso di moneta "virtuale". Senza trascurare, peraltro, l'abbassamento dei costi imputabili alla riduzione della gestione del contante (che potrebbe trasformarsi anche in esubero personale); 
  • e la mini patrimoniale sulle attività finanziarie e fondi alle polizze vita, che permetterà al sistema bancario di funzionare da sostituto d’imposta.


... un provvedimento decisamente sobrio ed equo


Il lavoro, un diritto costituzionale.

Così incomincia...
Principi fondamentali 
Art. 1
L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione. 
Art. 2
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. 
Art. 3
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
Art. 4
La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società
.

...  
Art. 36
Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa


Infatti: gli ostacoli vengono rimossi, le condizioni vengono promosse, il diritto al lavoro riconosciuto, la retribuzione adeguata...

eppure, è colpa dei i cittadini... che cercano lavoro...


Si chiama C O M P E T I T I V I T A': la guerra silente che - senza armi convenzionali - miete vittime nel mondo.


29/01/2012, "in 1/2 h" RAI TRE.
INTERVISTA AD UN OPERAIO.

A pieno regime...

Qualcuno aveva previsto ciò che oggi pesa nella sua dilaniante evidenza. Eppure, ciò accade lo stesso. La verità è un bene di difficile reperimento, oggi.

I provvedimenti del governo centrale europeo - diligentemente e pienamente osservati con totale convinzione dal nostro neo-governo - dimostrano quanto irrilevanti siano gli individui, al di fuori del loro ruolo di "consumatori". Peccato che il consumo sia diventato insostenibile. E i motivi sono almeno due...

Fin dove dobbiamo arrivare per trovare il coraggio e la forza di cambiare il sistema?

Sperando sempre che non si cambi per non cambiare niente.

Capire per reagire.

Facciamolo.