martedì 13 marzo 2012

Le banche d'affari sporchi: i panni della Goldman Sachs.

I media che parlano dei pigs e di come i cittadini greci siano causa del loro male, lo fanno occultando il coinvolgimento delle grandi banche d'affari.

Nel 1999 viene decisa la creazione della moneta unica , ma la Grecia non può aderire immediatamente. E' infatti lontana anni luce dai rigorosissimi enunciati del trattato di Maastricht. Ma ecco che qualcuno indica loro la soluzione.

La Goldman Sachs International, la filiale britannica della banca d'affari americana, fornisce nel 2001 una consulenza che prevede un operazione per truccare i conti dello Stato ellenico riducendo il suo debito al fine di farlo rientrare nei parametri di Maastricht. E così fanno sparire dai conti 2,8 miliardi del bilancio pubblico abbassandolo di due punti percentuali.

Per questa nobile 'truffa' legalizzata, la GS si fa pagare 600 milioni di euro e la Grecia vedrà schizzare il suo debito da 2,8 miliardi a 5,1 miliardi di euro nel 2005. In quattro anni, operazione dopo operazione, il debito quasi raddoppia.

La Goldman Sachs ha così acquistato 2,8 miliardi di titoli di stato ellenici emessi in dollari e yen e li ha convertiti in euro a un tasso di cambio fittizio attraverso la vendita di uno swap in valuta legato ai tassi d'interesse. Lo stratagemma consente ad Atene di iscrivere il 'nuovo' debito in euro ed escluderlo dal bilancio facendolo momentaneamente sparire. GS ha guadagnato ovviamente sulla commissione, ma anche sul tasso di cambio che ha fissato al momento della vendita.

Non solo, la GS ha venduto a tutti i possessori di titoli di stato - in moneta straniera - un particolare swap che tutelava sui rischi del tasso di cambio, ma che in realtà non serviva a nulla perché il titolo dipendeva prevalentemente dalla tenuta dei conti pubblici greci.

Così sparivano i soldi, facendoli passare, come per magia,  dal passivo all'attivo, sotto forma di titoli di stato in moneta straniera, ma in realtà quei titoli non valevano nulla, ma nascondevano una parte del debito sovrano.

L'operazione è stata confermata da Christoforos Sardelis e Spyros Papanicolau - dirigenti dell'agenzia di gestione del debito di Atene tra il 1999 e il 2004 - che hanno confessato la loro inadeguatezza nel valutare la complessità del contratto che nel lontano giugno 2001 era loro parso conveniente per il paese. Ma invece quasi subito la formula vincolante si rivela svantaggiosa. Con la caduta del mercato obbligazionario dopo l'11 settembre, il rimborso del debito pesa enormemente sul bilancio e la revisione degli accordi nel 2002 - che imponeva un tasso d'interesse legato all'inflazione nell'eurozona - ha poi fatto letteralmente esplodere il debito.

Ma la Grecia è solo la punta dell'iceberg. La notizia è emersa da un inchiesta giornalistica di Nicholas Dunbar ed Elisa Martinuzzi divulgata pochi giorni fa da Bloomberg. Non è infatti il solo paese che ha 'truccato' i suoi conti per soddisfare i requisiti dell'unione europea. Uno tra gli altri: l'Italia.

Per stessa ammissione della Goldman Sachs "i swaps sono una delle numerose tecniche utilizzate da molti governi europei per rispettare i parametri del trattato di Maastricht"

Questo è senz'altro un business ricco: la sola Grecia ha significato per la GS il 12% dei profitti della divisione che si occupava di questo tipo di accordi che nel 2001 ha fatturato la cifra record di 6,35 miliardi di dollari. Infatti, la grande banca d'affari statunitense, offre la sua consulenza ai governi, indicando i modi più 'complessi' per far quadrare il bilancio e intervenire sul debito sovrano. Tutto questo a tassi d'interesse spropositati. Per queste operazioni ha contato sulle capacità di uomini strategici tra cui - ricordiamo - Mario Draghi, l'attuale presidente della Bce che all'epoca era vicepresidente per l'Europa di Goldman Sachs International nel ramo aziende e debito pubblico (dal 2002 al 2005).

Super Mario è ritenuto - da alcuni - uno dei responsabili dell'attuale crisi greca.

La parentesi di Mario Draghi come 'piazzista' di trucchi di bilancio per la GS  dal 2002 al 2005 è la grande zona d'ombra nella reputazione del presidente della Bce scrive Le Monde. Due mesi dopo il suo arrivo al 133 di Fleet Street, sede della Goldman Sachs International, Draghi co-firma un articolo insieme al Premio Nobel per l'economia Robert C. Merton, giustificando il ricorso a queste pratiche 'legali' di occultamento dei debiti per stabilizzare l'imposta sul reddito ed evitare l'improvviso accumulo di debito.

Infine come rivela un articolo del New York Times pubblicato il 30 ottobre scorso, citando un ex-banchiere di GS (anonimo) M.Draghi è stato incaricato di vendere in tutta Europa questo tipo di prodotto finanziario lo 'swap' che permette di nascondere una parte del debito sovrano.

Tuttavia durante un suo intervento davanti al Parlamento europeo il 14 giugno 2011, M.Draghi - in qualità di presidente della Bce - escluse ogni conflitto d'interesse e affermò di non aver consigliato i governi europei sulla gestione del loro debito.

Ma i legami tra Draghi e la Goldman Sachs risalgono alle privatizzazioni italiane, dell'inizio anni '90, quando dirigeva il Tesoro. E tra le banche straniere, pronte a spartirsi la torta, la Goldman era in pole position. In particolare, nel 1993 ottenne il mandato per la cessione del gigante degli idrocarburi ENI.

Francesco Cossiga - l'allora presidente della Repubblica - ha accusato M.Draghi di aver favorito il suo futuro datore di lavoro nel processo di privatizzazione dei beni pubblici. Accusa che Draghi - ovviamente - ha sempre respinto.


Quando poi nel 2009 la stessa GS ha usato la sua posizione dominante per dare il via agli
attacchi speculativi alla Grecia ostacolando la vendita dei titoli ellenici in borsa, sapeva già che avrebbe vinto facile, guadagnandoci due volte. Perché i bilanci dello stato greco erano truccati e la Grecia non poteva ripagare i titoli a scadenza con i titoli spazzatura che aveva al suo attivo, proprio grazie alla banca d'affari americana. Lo ha dovuto ammettere persino Ben Bernanke  - Presidente della Federal Reserve Bank di New York (la banca centrale americana della quale la GS è la principale azionista) - al Senato di Washington nel febbraio 2010, dichiarando di aver aperto un'indagine sul ruolo della Goldman Sachs e altre banche d'affari nella crisi della Grecia.

Il resto è storia recente. La Grecia è praticamente fallita e gli attacchi speculativi della banca d'affari americana e degli altri colossi finanziari si sono spostati sull'Italia, la quale seppur ha evitato il default, non è fuori dalla zona pericolo, dovendo peraltro affrontare i diktat della troika: tagli e riforme strutturali che penalizzeranno la ripresa economica.


E intanto la soluzione per sottrarsi a questi attacchi speculativi delle banche sembra paradossale: l'insediamento dei uomini di fiducia della Goldamn Sachs nei punti strategici di comando. Una grande rete di conflitti d'interesse che si estende in europa, ma non solo.



Oltre Mario Draghi (ex ministro del Tesoro italiano, ex governatore della Banca d'Italia, ex vicepresidente per l'Europa di Goldman Sachs International associato incaricato delle aziende e debito pubblico, attuale Presidente della Bce)
spiccano:

PER L'EUROPA
  • Lucas Papademos (ex governatore della banca centrale greca che partecipò, a questo titolo, ai trucchi contabili operati dalla GS, vicepresidente della Banca Centrale Europea dal 1 giugno 2002 al 31 maggio 2010, attuale premier del governo tecnico della Grecia dal novembre 2011, membro della Commissione Trilaterale e del Gruppo Bilderberg)
  • Petros Christodoulos (ex traider della GS a Londra, governatore della banca centrale greca dal 1994 al 2002, oggi capo dell'agenzia del debito greco)
  • Otmar Issing (ex membro del direttorio della Bundesbank ed ex capo economista della Banca centrale europea)
  • Peter Sutherland (dal 1995 direttore non esecutivo di Goldman Sachs international, Procuratore Generale dell'Irlanda che ha partecipato dietro le quinte al salvataggio dell'Irlanda, ex commissario europeo per la concorrenza e primo direttore generale dell'Organizzazione Mondiale del Commercio, membro del comitato direttivo del gruppo Bilderberg, membro della Commissione Trilaterale di cui ha presieduto la sezione europea dal 2001 al 2010 e membro del consiglio della fondazione del World Economic Forum )
  • Antonio Borges (ha lavorato a livello europeo al progetto economico e monetario della Unione Europea, responsabile per l’Europa del Fondo Monetario Internazionale, membro del comitato esecutivo dell’European Corporate Governance Forum fondato dalla Commissione europea per stabilire regole comuni di corporate governance, vicepresidente della Goldman Sachs International presso la quale è approdato nel 2002, dal 1990 al 1993 è stato vicegovernatore del Banco de Portugal dove ha rivestito un ruolo determinante nella privatizzazione del sistema finanziario portoghese)
  • Mario Monti (attuale primo ministro italiano, con l’incarico di consigliere internazionale della Goldman Sachs, conferitogli nel 2005, presidente della Commissione Trilaterale e di socio del Bilderberg Group) 
  • Romano Prodi (ex primo ministro italiano, che fece aderire l'Italia alla moneta unica europea, entrò nella Goldman Sachs nel 1990, dopo sette anni da presidente dell'Iri)
  • Gianni Letta (ex sottosegreatrio alla Presidenza del Consiglio, dal 18 giugno 2007 membro dell'advisory board di Goldman Sachs International con compiti di consulenza strategica per le opportunità di sviluppo degli affari, con focus particolare sull'Italia, fu lui, si racconta, a suggerire di non impegnarsi in una partita tutta nazionale come il salvataggio Alitalia. Così come furono i suoi buoni uffici a facilitare il coinvolgimento nelle operazioni di finanza straordinaria effettuate in quegli anni da società pubbliche come Enel e Finmeccanica. Quando Letta tornò a Palazzo Chigi nel 2008, poi, come consulente venne scelto il commercialista Enrico Vitali, partner dello studio di Giulio Tremonti)
PER L'AMERICA
  • William Dudley (nuovo presidente della Fed di New York, ex capo economista della Goldman, che nel 2004 lodava i derivati)
  • Mark Patterson (capo del personale del dipartimento del Tesoro americano, ex lobbista della Goldman Sachs
  • Gary Gensler (a capo della Cfct, ex dirigente della Goldman Sachs che aiutò ad abolire la regolarizazione dei derivati)


La Goldman Sachs è la più potente banca d'affari americana che condiziona mercati e governi, lo confessa 'candidamente' Alessio Rastani (trader indipendente e operatore di borsa inglese) alla BBC rilasciando un intervista in cui dichiara che "i governi non governano il mondo, la Goldman Sachs governa il mondo"  lasciando sbalorditi i giornalisti in studio; perché queste cose gli operatori le sanno, ma di solito, non le dicono esplicitamente.








Infine sempre in tema panni sporchi della Goldman Sachs, si è facile rievocare una vecchia truffa per frode ai danni dello Stato italiano.

Nome in codice: Easy Credit

Lehman Brothers, Goldman Sachs e Jp Morgan, tre fra le principali banche d'affari mondiali, costrette a piegarsi davanti alla porta della Procura di Pescara. Bussano per restituire il maltolto e rinunciare a oltre 600 milioni di euro di crediti maturati con l'erario dopo anni di raggiri.

Davanti ai pm pescaresi, infatti, sperando di limitare i danni, Lehman Brothers, Goldman Sachs e Jp Morgan hanno accettato alla fine un accordo che prevede la loro rinuncia ai 600 milioni di rimborsi non spettanti e la restituzione di 52 milioni già incassati.

"Abbiamo transato; la faccenda è chiusa", commentano alla Goldman Sachs. "Siamo soddisfatti", dice invece la Lehman Brothers: "Abbiamo cooperato con gli inquirenti; la vicenda si sta chiudendo amichevolmente".

Ottimismo giustificato? Non proprio, visto che, nonostante la transazione, le accuse a loro carico restano e sono pesantissime: si va dalla truffa ai danni dello Stato (tentata e consumata) alla responsabilità penale e amministrativa per non avere adottato misure adeguate per evitare che dirigenti e dipendenti commettessero i reati.


Un aspetto molto delicato della vicenda, visto che il comportamento da 'furbetti' di Goldman Sachs International di Londra è andato avanti anche negli anni in cui vicepresidente e managing director (amministratore delegato) della società era Mario Draghi, dal dicembre del 2005 governatore della Banca d'Italia.

E cosa fa il governo? Nulla. Quali provvedimenti prende? Nessuno. Meglio accanirsi con la raccolta fiscale direttamente nelle tasche dei cittadini, per gentile concessione del sobrissimo Ministro Padoa Schioppa. Piuttosto il Tesoro continua ad avvalersi di Goldman Sachs come banca di riferimento privilegiata nel piazzamento dell’ultima emissione di global bond decennali da 3 miliardi di dollari con scadenza 20 settembre 2016, conferendole la qualifica di lead manager, assieme a JPMorgan e Citigroup. 

Intanto il procuratore di Pescara, Nicola Trifuoggi, e i suoi sostituti Giampiero Di Florio (esperto di reati finanziari) e Giuseppe Bellelli  passano al setaccio oltre 40 mila richieste di rimborso del credito d'imposta sui dividendi per gli anni 1999-2003, portando alla luce le dimensioni colossali del raggiro: complessivamente, ben 4 miliardi 300 milioni di euro, quasi una manovra finanziaria. E soprattutto, le responsabilità dei vari protagonisti.

La scoperta della truffa sui rimborsi risale al 2005 quando, dopo una indagine sulle richieste inoltrate da società inglesi, il Gruppo repressioni frodi della Guardia di finanza di Roma ha trasmesso un rapporto alla Procura di Pescara, competente per territorio visto che nella città abruzzese ha sede il centro operativo dell'Agenzia delle entrate che si occupa di queste pratiche. Secondo la nostra legislazione il diritto al credito d'imposta sui dividendi spetta unicamente alle società e agli enti residenti in Italia.
Un record di cui la Guardia di Finanza ha messo a nudo tutte le irregolarità, facendo emergere anche le responsabilità di tutte le altre istituzioni che hanno utilizzato le convenzioni bilaterali sui crediti di imposta sui dividendi firmate dall'Italia.

Se da Londra sono infatti partite richieste sospette di rimborso per 2 miliardi e 200 milioni di euro, anche dalla Francia (l'altro paese con il quale l'Italia ha stipulato un trattato per i crediti d'imposta sui dividendi) sono arrivate istanze per 2 miliardi di euro, molte delle quali inoltrate da Bnp Paribas e Crédit Lyonnais. Tutte regolari? Macché: la comparazione dei dati fatta dagli inquirenti "ha evidenziato un quadro complessivo analogo" e tale da far ritenere "con ragionevole certezza che le frodi inizialmente ipotizzate ad opera di soggetti inglesi siano state perpetrate con le stesse modalità anche da soggetti francesi".

Davanti all'enorme numero delle pratiche di rimborso da esaminare per ricostruire la truffa e individuare le responsabilità, Guardia di Finanza e magistrati hanno dovuto accantonare il contenzioso francese per concentrarsi sulle pratiche di rimborso provenienti dalla Gran Bretagna e inoltrate da Lehman Brothers, Goldman Sachs e Jp Morgan. Lo hanno fatto passando al setaccio la documentazione relativa ai soli titoli Eni e Telecom (i più appetiti e movimentati dagli investitori). Una scelta che ha consentito alla procura di Pescara di recuperare i circa 600 milioni indicati negli accordi, un tesoretto che secondo gli inquirenti potrebbe lievitare fino a circa 2 miliardi di euro quando saranno chiamate a regolare i conti con la giustizia anche le altre migliaia di soggetti finanziari che tra Gran Bretagna e Francia hanno partecipato al banchetto truffaldino e che stanno per essere iscritti sul registro degli indagati.


Fonte: L'Espresso del 01/06/2007

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